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188 | ATTO TERZO |
Pantalone. La vederò volentiera.
Cecchino. Eccola qui: l’ho trovata sul tavolino della padrona e mentre pranzava, l’ho copiata. (dà un foglio a Pantalone)
Pantalone. Sentimola mo. (legge piano) Pulito! bravi! Sentì che roba! Bella sta chiusa.
L’un la capra di Giove, e l’altra il bue.
A don Pirolino i ghe dà del cavron, e donna Violante troverà un mario coi pennacchi. Presto, ande là, diseghe a donna Violante che la vegna qua, che ghe vôi parlar.
Cecchino. Io, signore, con sua buona grazia, alla padrona non lo dico certo.
Pantalone. Per cossa? ghe vol tanto a dir che la vegna qua?
Cecchino. Mi ha dato poco fa uno schiaffo da questa parte, non vorrei ch’ella si credesse in debito di darmene uno anche da quest’altra. Lo dirò alla cameriera.
Pantalone. Giusto; diseghelo a Arzentina.
Cecchino. Anche quella povera ragazza sta fresca con quella padrona; ed è la più buona figliuola di questo mondo. Mi dispiace andar via da questa casa per lei.
Pantalone. Ghe volevi ben a Arzentina?
Cecchino. Assai. Desiderava venir grande unicamente per lei.
Pantalone. Bravo! co la bocca da latte!
Cecchino. Uh, ecco la padrona.
Pantalone. Gh’ho gusto da galantomo.
Cecchino. Quando la vedo, ho più paura di lei, che non aveva dello staffile del mio maestro. (parte)
SCENA II.
Pantalone e donna Violante.
Pantalone. De sti bei complimenti, nevvero siora, i ve fa? de sti bei elogi?
L’un la capra di Giove, e l’altra di bue.