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176 ATTO SECONDO

SCENA XII.

Camera di donna Violante.

Argentina e Traccagnino.

Argentina. Potete lasciarla a me quella lettera, se v’incomoda l’aspettare.

Traccagnino. Signora no, no la posso lassar. Ghe l’ho da dar propriamente in man.

Argentina. Sa il cielo quando verrà.

Traccagnino. Per mi vorria che la stasse tre o quattro zorni a vegnir.

Argentina. E stareste qui ad aspettarla?

Traccagnino. Per veder, contemplar, ammirar la più bell’opera della madre natura.

Argentina. Vi è qualche cosa che vi dà nel genio?

Traccagnino. Siora sì. Era avvezzo alle bellezze de Bergamo: bellezze no ghe n’ho visto più. Le vedo adesso, e me sento da quei occhietti a bisegar in tel cuor. Che bella filosofia! che bel frontespizio! che guancie candide e traccagnote! È vero che ghe manca la bellezza del gosso, ma gh’è qualcossa che pol supplir.

Argentina. Il vostro nome?

Traccagnino. Traccagnin.

Argentina. Bellissimo nome!

Traccagnino. Ghe dalo in tel genio sto nome diminutivo?

Argentina. Sì, un nome adattato alla vostra corporatura.

Traccagnino. E pur un tocco de aseno m’ha dito che son un mezzan.

Argentina. Non avrà inteso dirlo perchè siete piccolo, ma per qualche altra ragione.

Traccagnino. Ma per cossa donca?

Argentina. Forse perchè vi averà veduto portar quella lettera. Mezzano vuol dire uno che porta lettere e fa imbasciate amorose.

Traccagnino. Ah, adesso lo capisso. Bravo! se lo trovo, vôi che