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172 ATTO SECONDO

SCENA VIII.

Servitore e dette; poi don Fausto.

Servitore. Signora, il signor don Fausto.

Violante. Lupus est in fabula.

Aurelia. Che cosa dite?

Violante. Non l’intendete niente niente il latino?

Aurelia. Niente affatto. Tutti non posson essere virtuosi come voi, cara donna Violante.

Violante. Sì, è vero, ma don Fausto aspetta.

Aurelia. Digli che passi, che è padrone. (servitore va via) Così bel bello, io vi farò la mezzana.

Violante. Se non volete ch’io resti...

Aurelia. Via, non si può scherzare?

Violante. Sì, per ischerzo tutto licet.

Fausto. (Qui donna Violante?) (da sè)

Aurelia. Avanti, signor don Fausto.

Violante. Avete forse soggezione di me?

Fausto. Signore, son vostro servo.

Violante. Voi non credevate trovarmi qui.

Fausto. No certamente, signora.

Violante. Bravissimo! almeno per farmi una buona grazia, potevate dire che siete venuto per me.

Fausto. Non voglio darmi quel merito che non ho. Son contento d’avervi qui ritrovata, ma non sapeva che voi ci foste.

Violante. Avete saputo che ci doveva essere mia cognata.

Fausto. Molto meno, signora.

Violante. Eh via, donna Aurelia ve lo averà fatto sapere.

Fausto. No certamente, vi dico.

Aurelia. Amica, voi mi offendete. Pare ch’io voglia tener mano a delle conferenze sospette.

Fausto. Avete voi ricevuta una lettera di don Roberto? (a donna Violante)

Violante. No, non l’ho ricevuta. Come sapete voi ch’io la dovessi ricevere?