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LA DONNA DI TESTA DEBOLE 171


tal giorno avermi da moltiplicare il divertimento con tutte due le cognate.

Violante. Amica, compatite s’io vengo a recarvi incomodo.

Aurelia. Voi mi onorate.

Violante. Honor est honorantis, dice il latino. Ma lasciamo le cerimonie, e permettetemi ch’io vi dica...

Aurelia. Sedete, donna Violante.

Violante. Maxime.

Aurelia. Che dite?

Violante. Niente, niente. (Poverina! non intende), (da sè, siede) Permettetemi che io vi dica: mia cognata dov’è?

Aurelia. A me lo chiedete?

Violante. Cara amica, non mi fate parlare.

Aurelia. Anzi, se siete amica, non dovete tacere.

Violante. Ho veduto il servitor di don Fausto sulla vostra porta; gli ho chiesto se vi era qui il suo padrone, ed ei rispose: lo aspetto.

Aurelia. Bene, e per questo?

Violante. E per questo in buona argomentazione posso conchiudere: ergo donna Aurelia ha messo l’accordo.

Aurelia. Donna Violante, voi mi fate ridere.

Violante. Non rido io, donna Aurelia; non rido, perchè son tocca.

Aurelia. Tocca? da che mai?

Violante. La verità non la so nascondere. Amo don Fausto, e chi cerca rapirmelo è mio nemico, e chi vi coopera non ridebit.

Aurelia. Io non rido di voi.

Violante. Voi non intendete il latino. Ho detto, chi vi coopera non riderà.

Aurelia. (Oh quanto mi dispiace, che a questa scena non vi sia nessuno). (da se)

Violante. Credono, perchè io mi sono data alle lettere, che non veda, non sappia e non conosca le loro insidie: ma assicuratevi, donna Aurelia, che benchè io abbia

" Pien di filosofia la lingua e il petto;

saprò anche, occorrendo,

" Rotar la spada e insanguinar le mani.