Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, X.djvu/172

166 ATTO SECONDO

SCENA III.

Brighella, poi don Fausto.

Brighella. Oh bella! costù ha credudo che a dirghe mezzan avesse in considerazion la statura, e no l’offizio de portar le lettere. Za me ne son accorto, che l’aveva qualche lettera de sior don Roberto per donna Violante. Se giera qua el me padron, voleva certo ch’el fasse de tutto de vederla, e de saver... Eccolo: el me par stralunà.

Fausto. (Donna Violante vuol essere oggetto delle altrui derisioni). (da sè)

Brighella. Cossa averia pagà, sior padron, che la fusse stada qua za un momento!

Fausto. Pagherei anch’io non aver saputo quello che mi è stato fatto sapere.

Brighella. Qualche novità, signor?

Fausto. Donna Violante dà nella debolezza di un saccentismo ridicolo; e don Roberto si burla villanamente di lei.

Brighella. Sior don Roberto poco fa ha mandà una lettera alla signora donna Violante per el so servitor.

Fausto. Don Roberto aspira al di lei possesso, e ciò non ostante ha l’imprudenza di farne giuoco.

Brighella. E vossignoria la lassa far, e no la se risente?

Fausto. Mi risento anche troppo, ma ho la sfortuna che a donna Violante le mie parole dispiacciono.

Brighella. Le ghe despiase, signor, perchè, la me perdona, la ghe contradise a tutto con un poco troppo de austerità.

Fausto. Guai a coloro che per fare la corte ad una donna di testa debole, non si fanno scrupolo a secondarla. Essi sono colpevoli delle sue leggerezze; e le funeste impressioni che le si formano dagli adulatori nella mente e nel cuore, non si cancellano sì facilmente.

Brighella. Non so cossa dir; vossignoria parla da quel signor savio e prudente che l’è. Mi se ardisso de suggerir qualche volta, lo fazzo per el desiderio che ho de vederlo contento.