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LA DONNA DI TESTA DEBOLE 163

Traccagnino. Sior sì; vedeu se me l’arrecordo? Gh’è poca differenza tra el bisogno e la necessità.

Gismondo. Io so dove sta di casa.

Traccagnino. La me farà servizio a insegnarmelo.

Gismondo. Ma se ve lo dico a voce, ve lo scorderete. Volete ch’io ve lo scriva?

Traccagnino. La me farà servizio.

Gismondo. ( Tira fuori l’astucchio con il tocca lapis.)

Traccagnino. Oh che bella cosa! (osservando l’astucchio)

Gismondo. Mi dispiace ch’io non ho carta.

Traccagnino. Senza carta no se scrive.

Gismondo. Non avete la lettera che va a donna Violante?

Traccagnino. Seguro che la gh’ho.

Gismondo. Oh sciocco che sono io! avete quella lettera. Vi posso scriver sopra comodamente il recapito, e vado cercando carta.

Traccagnino. Andè là, che sì un gran mamalucco.

Gismondo. Compatitemi, caro Traccagnino. Datemi la lettera, e vi spiccio subito.

Traccagnino. Eccola qua. Ma no l’ave da véder.

Gismondo. Come volete ch’io scriva?

Traccagnino. Scrivè da roverso.

Gismondo. Bene, scriverò dove volete.

Traccagnino. Scrivè chiaro, destaccà, che possa capir.

Gismondo. Questo astucchio m’incomoda. Tenete, frattanto ch’io scrivo. (dà l’astucchio a Traccagnino)

Traccagnino. Sior sì, intanto me divertirò co ste bagattelle.

Gismondo. (Col cambio di questa lettera fo il più bel colpo del mondo). (frattanto che Traccagnino osserva i pezzi che sono nell'astucchio, don Gismondo cambia la lettera.)

Traccagnino. Cossa èla questa? una verigola1?

Gismondo. Si chiama dal francese: tirabusson.

Traccagnino. Oh che caro tirabusson!

  1. Succhiello: v. Boerio.