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162 | ATTO SECONDO |
Gismondo. Con chi l’hai, Traccagnino?
Traccagnino. Sat a chi se ghe pol dir mezzan? a sto sior ch’è qua.
Gismondo. Come? che dici?
Traccagnino. Sior sì, a un omo che non è nè grando, nè piccolo, se ghe dise mezzan. (a don Gismondo)
Gismondo. (Ora intendo lo sciocco). (da sè) Per qual motivo colui vi ha detto mezzano?
Traccagnino. La guarda con che sugo! Domando a uno dove sta de casa una signora1, alla qual ho da portar sta lettera, e invece de insegnarme, el me dise mezzan. (verso la scena)
Gismondo. E a chi va quella lettera?
Traccagnino. Quest l’è quel che no so gnanca mi.
Gismondo. Chi la manda? Il vostro padrone?
Traccagnino. Sior sì; ma non è alter che quattro zorni che son vegnù a Napoli, no gh’ho pratica della città; domando, prego, e se me dise mezzan.
Gismondo. Volete ch’io v’insegni dove sta la persona cui è diretta la lettera?
Traccagnino. La me farà ben grazia.
Gismondo. Lasciate ch’io veda la lettera, e ve lo dirò.
Traccagnino. Ma la lettera gh’ho ordine de no la lassar véder a nissun.
Gismondo. E che sì che va ad una vedova?
Traccagnino. Me par de sì; l’è giusto scritta coll’inchiostro2 negro.
Gismondo. Sarà poi la signora donna Violante.
Traccagnino. Donna Violante?... Me par, e no me par: el nome no me l’arrecordo ben.
Gismondo. Vi ricordate il cognome?
Traccagnino. El cognome... Sior sì; me par de sì.
Gismondo. Come vi pare ch’ella si chiami?
Traccagnino. Me par che la pizzega del necessario.
Gismondo. Non è donna Violante de’ Bisognosi?