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sono una povera donna? Oh, io sì mi trovo imbrogliata davvero. Sono pochissimi anni ch’io faccio un tale mestiere, e l’ho sempre fatto il cielo sa come. Questo per me è un mondo nuovo, novissimo affatto, ed è palese la repugnanza ch’io aveva nell’accettare un tal carico. Quando le commedianti che girano la terraferma hanno una scrittura per venire a Venezia, la mostrano a tutto il mondo, e se ne gloriano, e ne fanno pompa. Io all’incontro non la mostrava a nessuno, non già perchè internamente non mi credessi onorata con un tal fregio, ma per paura che mi dicessero: Va pure, che Venezia sentirà in te qualche cosa di buono! la bella figura che tu farai su que’ teatri! a rivederci l’anno venturo a Chiozza. In verità, credetemi, me ne vergognava. Basta, ci sono venuta, e ci sono. Farò quel poco ch’io so, e se di più non farò, sarà segno che di più non so fare. Mi basta essere compatita. Fra un poco di compatimento e un poco di buona volontà, chi sa che non facciamo qualche cosa di meglio? Nella bontà de’ signori Veneziani spero assaissimo; e mi lusingo che quelli che mi aspettano un altro anno a Chiozza, abbiano a loro dispetto a vedermi qui, accasata, stabilita, piantata qui, all’onor di servire un’udienza sì nobile, sì clemente e sì generosa.

Eleonora. Non dubitate, signora Clarice, che vi ritroverete contenta. Sono cinque anni che ho l’onor di servire questo popolo, esempio della bontà e della gentilezza. Anch’io a principio tremai, niente meno di voi, eppure con tutti que’ difetti che aveva e che non ho potuto correggere, sono stata benignamente sofferta; anch’io ho avuto le mie particine che mi hanno acquistato qualche compatimento. Ciascheduno più in un genere che nell’altro può comparire. Confesso non esser buona per certe parti o troppo gravi, o troppo languenti, ma per un caratterino di mezzo m’ingegno anch’ioa. Il passar da un teatro

  1. Dopo essere stata per cinque anni a recitare in Venezia, nel teatro detto di Sant’Angiolo, passò ora in questo, unitamente a Fiorindo, marito suo1.
  1. Vittoria Falchi, a noi già nota (v. vol. IV, pagg. 86 e 611), conservò il nome di Eleonora passando nel 1753 terza donna nel teatro di S. Luca, com’era a Sant’Angelo.