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LA DONNA DI TESTA DEBOLE | 143 |
Elvira. Quando mi ha veduta, è fuggita.
Aurelia. Dovreste aver piacere ch’ella avesse soggezione di voi; segno ch’ella vi crede più vezzosa e più bella.
Elvira. Credetemi, amica, che con lei non si può più vivere.
Aurelia. Perchè vostro zio non vi dà marito?
Elvira. Perchè colei mi attraversa tutti i migliori partiti. Quanti vengono in questa casa, dopo ch’ella è rimasta vedova, li vuole tutti per lei. Se vede che uno mi saluti in passando, ella subito gli fa le grazie e lo tira a sè. Son certa che non mi mariterò mai, fino ch’ella sta in questa casa.
Aurelia. Può essere ch’ella si rimariti.
Elvira. Chi volete voi che la pigli?
Aurelia. Fra tanti che la trattano, possibile cha non vi sia uno che dica davvero? Il signor don Fausto, fra gli altri, pare sia per lei appassionatissimo.
Elvira. Il signor don Fausto mi pare, se non m’inganno, che abbi qualche inclinazione per me.
Aurelia. Oh, l’averei pur caro! Starete con lui da regina; e se egli ha veramente quel buon senno che dimostra di avere, preferirà voi per cento titoli a donna Violante.
Elvira. Dote io ne ho più di lei.
Aurelia. Tanto più se perde la lite con i suoi cugini, come la perderà certamente.
Elvira. Di volto... non dico per dire...
Aurelia. Oh, non è nemmeno da paragonarsi.
Elvira. E poi... ella è vedova.
Aurelia. Sì, quel ch’è stato, è stato.
Elvira. Eppure, con tutto questo, sinora me l’ha fatta vedere.
Aurelia. Volete ch’io dica una parolina a don Fausto?
Elvira. Non sarebbe mal fatto che voi le diceste qualche cosa.
Aurelia. Lasciate fare a me. Voglio io buscarmi la senseria.
Elvira. Vi darò centomila baci.
Aurelia. Eh, no no, serbateli.
Elvira. Per chi?
Aurelia. Eh furba!