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LA DONNA DI TESTA DEBOLE 139

SCENA III.

Donna Violante e Cecchino.

Cecchino. E quei signori passeggiano.

Violante. Non vorrei che mi tacciassero di malcreata... Prendi, reca loro questo pezzo di carta; di’ che si divertano, fintanto che da un piccolo affare sono obbligata a lasciarli soli.

Cecchino. Sarà qualche cosa di bello.

Violante. Portala a chi ti comando, e non pensar altro.

Cecchino. Sì, signora. (legge piano)

Violante. (Ammireranno intanto un primo parto della mia musa). (da sè)

Cecchino. (Leggendo piano, e camminando, si mette a ridere forte.)

Violante. Elà, perchè ridi?

Cecchino. Rido di quell’ignorante che ha fatta questa bella composizione.

Violante. Come! tu, asinaccio, giudicherai di quei versi?

Cecchino. Io non so de’ versi. So che vi è una sconcordanza in genere.

Violante. Cosa vuol dire questa sconcordanza in genere?

Cecchino. Vuol dire che il genere mascolino non accorda col femminino.

Violante. Via, impertinente. Ai ragazzi non tocca parlare di queste cose. Hai la bocca di latte e vuoi parlare del genere femminino?

Cecchino. Io m’intendo dire...

Violante. Via, via, non voglio sentir altro.

Cecchino. Dico che chi ha fatta questa composizione...

Violante. L’ho fatta io.

Cecchino. Oh, va bene; non parlo più. (Di’ Partenope nostro: Partenope mascolino! Meriterebbe un cavallo, ma come va!) (da sè, e parte)