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110 | ATTO TERZO |
SCENA XIV.
Argentina e detti.
Argentina. Oh cospetto di bacco! Si può vedere una bricconata più indegna?
Eufemia. Oimè! Cos’è stato?
Argentina. Quei disgraziati dei sbirri hanno voluto visitare tutta la roba mia; hanno messo le mani per tutto; mi hanno rovinato tutte le mie bagattelle.
Brighella. Se i gh’ha rovina qualcossa, ghe la faremo pagar.
SCENA XV.
Donna Aspasia e detti.
Aspasia. Don Luigi, non fate il pazzo: è qui il signor auditore Pandolfi.
Eufemia. Il signor auditore?
Aspasia. Sì, egli in persona.
Eufemia. Lode al cielo, è venuto a tempo.
SCENA XVI.
Don Gismondo e detti.
Eufemia. Ah signore auditore, vedete la mia casa, è piena di birri.
Argentina. Illustrissimo signore auditore.
Gismondo. Che cosa c’è?
Argentina. I birri mi hanno fatto un’impertinenza.
Gismondo. Che cosa vi hanno fatto?
Argentina. Hanno guardato in un luogo, ch’io non voleva che vi guardassero.
Eufemia. Sta cheta.
Gismondo. Donna Eufemia, il vostro viglietto mi fu recato in istrada poco lungi da questa casa; sono venuto a ricevere gli ordini vostri. Vi ho trovato in un sconcerto assai grande. Ditemi il bisogno vostro, ed io, fin dove può estendersi l’arbitrio mio senza offesa della giustizia, ve lo esibisco di cuore.