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IL GELOSO AVARO 35

Aspasia. Mi parete turbata, donna Eufemia.

Eufemia. Sì, sono turbata assaissimo.

Argentina. Servita della seggiola. (sostenuta, a donna Aspasia)

Aspasia. Scusi, signora, se l’ho incomodata. (ad Argentina)

Argentina. (È meglio ch’io vada via. Mi sento troppo la gran volontà di pettinarla). (da sè, e parte)

SCENA VII.

Le dette, e poi Pantalone.

Eufemia. Che vuol dir, donna Aspasia, che siete venuta ad incomodarvi per me?

Aspasia. Sono venuta per quel ventaglio sì fatto.

Eufemia. Vi ho pur detto, signora... (Ecco mio marito), (da sè)

Aspasia. (Gran brutta creatura!) (da sè)

Pantalone. (Guarda donna Aspasia e non dice niente.)

Aspasia. Serva sua. (a Pantalone)

Pantalone. La reverisso. Saveu vu el nome del sior auditor Pandolfi? (a donna Eufemia)

Eufemia. Non lo so. (sostenuta)

Pantalone. Non lo sa. (caricandola)

Aspasia. Ve lo dirò io. Don Gismondo. (a Pantalone)

Pantalone. Ho inteso. (a donna Aspasia)

Aspasia. Ecco, io l’ho servita. (a Pantalone)

Pantalone. Obbligatissimo alle sue grazie. (Cossa fala qua sta seccaggine?) (piano ad Eufemia)

Eufemia. (Io non lo so). (piano a Pantalone)

Pantalone. (Gnanca questo non lo sa! pulito!) (da sè, in atto di partire)

Aspasia. Serva sua, signor Pantalone.

Pantalone. La reverisso. (parte)