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IL FEUDATARIO 47

Beatrice. Sì, voi l’avete ereditato da vostro padre.

Florindo. Dunque è mio.

Beatrice. Ma il Marchese vostro padre lo ha comprato dal padre della infelice Rosaura.

Florindo. Chi ha venduto, ha venduto, e chi ha comprato, ha comprato.

Beatrice. Sentenza veramente da uomo letterato e di garbo! Il padre di Rosaura lo ha venduto, e non lo poteva vendere.

Florindo. Se non l’avesse potuto vendere, non l’avrebbe venduto.

Beatrice. Bella ragione! Quante cose si fanno, che non si potrebbero fare?

Florindo. Basta, sia com’esser si voglia. La cosa è fatta; e quel che è fatto, è fatto.

Beatrice. Non sapete voi che ella potrebbe ricorrere, domandare giustizia, ed essere risarcita?

Florindo. Sì, sì, vada in città; si metta a litigare. Senza denari, senza protezione, otterrà qualche cosa.

Beatrice. Dunque fondate la ragione vostra sulla sua miseria, sulla sua infelicità.

Florindo. E voi, signora madre prudentissima, mi consigliereste renderle a patti il Marchesato, e perdere il danaro e la giurisdizione? Una giurisdizione, che non la darei pel doppio di quel che ci costa. (Tutte le donne mie!) (da sè)

Beatrice. Vi sarebbe un rimedio facile ed onesto, se voi vi acconsentiste.

Florindo. Suggeritelo, e lo farò.

Beatrice. Come vi gradisce l’aspetto di Rosaura?

Florindo. Mi piace, è bella, è graziosissima.1

Beatrice. Aggiungete che ella è savia e modesta.

Florindo.2 È verissimo. (Anche troppo). (da sè)

Beatrice. Inclinereste voi a sposarla?

  1. Bett: è bella e graziosina.
  2. Segue nelle edd. Bett. e Pap.: «Oh, circa a questo poi, poco più, poco meno. Beatr. Eh, sempre date nelle ragazzate! Fior. Così diceva anco mio padre. Beatr. Pover’uomo! Vi ha dato de’ belli esempi! Basta, dunque Rosaura non vi displace, eh? Fior. Vi dico di no. Beatr. Inchinereste voi ecc.».