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42 | ATTO SECONDO |
Ghitta. (Vuol dire che noi non siamo della montagna, ma del paese più basso). (da sè) Eccellenza sì, siamo del basso rango.
Beatrice. Ci sono pure i deputati della Comunità?
Giannina. Eccellenza sì; mio padre è quel di mezzo.
Olivetta. Il mio è quello dalla parte sinistra.
Ghitta. E il mio è quello dalla parte diritta.
Beatrice. Dunque voi siete le più nobili del paese.
Ghitta. Eccellenza sì; siamo quelle del basso rango.
Beatrice. (Sono veramente godibili). (da sè) Vi ringrazio dell’incomodo che vi avete preso.
Ghitta. Per obbedire Vostra Eccellenza.
Giannina. Ai comandi di Vostra Eccellenza.
Olivetta. Serva umilissima di Vostra Eccellenza.
Beatrice. Chi è di là?
Ghitta. (Chi è di là. Sentite? Imparate). (a Giannina)
Beatrice1. La cioccolata. (al servitole che parte, poi torna)
Giannina. (Che cosa ha detto?) (a Ghitta)
Ghitta. (La cioccolata).
Giannina. (Per che fare?)
Ghitta. (Ignorante! Per bere).
Olivetta. (Che cosa ha detto?) (a Giannina)
Giannina. (Ci vuol dar da bere).
Olivetta. (Ho sete, berrò volentieri).
Beatrice. (Bella civiltà! parlano fra di loro). (da sè) Ebbene, raccontatemi qualche cosa.
Ghitta. Il lino, Eccellenza, quanto vale a Napoli?
Beatrice. Io non ne ho cognizione.
Giannina. Che volete voi che Sua Eccellenza sappia di queste cose? Una Marchesa non fila, come facciamo noi. Ella farà dei pizzi, ricamerà, farà delle scuffie. Non è vero, Eccellenza?
Beatrice. Sì, bravissima. Ecco la cioccolata. (Il servitore, che porta quattro chicchere di cioccolata, ne dà una alla Marchesa.)
- ↑ Sc. VII nell’ed. Bett.