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LA FIGLIA OBBEDIENTE 489

Pantalone. Ti pianzi?

Rosaura. Piangete voi, non volete che pianga ancor io?

Pantalone. Ti gh’ha rason; no pianzemo più. Cara la mia fia: allegramente. Rassegnete al voler del cielo, e assicurete che la carità, che ti gh’ha per to pare,1 sarà dal cielo recompensada.

SCENA V.

Beatrice e detti.

Beatrice. Come va, signor Pantalone?

Pantalone. Ah! siora Beatrice, son in t’un mar d’allegrezza.2 Rosaura xe rassegnada de cuor. La sposerà sior Ottavio, la lo farà volentiera. No la me vol veder a morir desperà...3

Beatrice. Brava Rosaura, me ne rallegro.

Rosaura. Sì, rallegratevi, che ne avete ragione.

Beatrice. Come! Non è forse vero?...

Pantalone. Siora sì, che xe vero. Cossa diseu?

Rosaura. Vero, verissimo. Caro signor padre, non vi tormentate. Son allegra, son contenta, brillo, giubbilo. Son fuor di me stessa. (Oh Dio! Se non vado a piangere, mi sento soffogar dal dolore). (da sè; parte

Pantalone. Vegnì qua, dove andeu?

Beatrice. Lasciatela andare, poverina; datele un poco di libertà.

Pantalone. Mo la gran bona putta! Mo la gran creatura ubbidiente!

Beatrice. Vedete s’io sono una donna di garbo? Io l’ho ridotta a questa bella rassegnazione.

Pantalone. Ela l’ha ridotta?

Beatrice. Sì, io le ho detto che, per amor di suo padre, si sforzi almeno a mostrarsi allegra e contenta.

Pantalone. Donca la s’ha sforzà? Non la l’ha fatto de cuor? Adesso mo... (vuol andar da Rosaura

Beatrice. Fermatevi; farete qualche sproposito.

  1. Pap. aggiunge: che ti me usi.
  2. Segue in Pap.: «Beatr. Che vuol dire? Pant. Rosaura xe ecc.».
  3. Pap. aggiunge: «No posso trattegnirme de pianzer. piange».