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488 ATTO TERZO

Pantalone. Cara Rosaura, vederastu de bon occhio el novizzo?

Rosaura. Farò il mio dovere.

Pantalone. Ghe vorrastu ben?

Rosaura. Non lascerò di dargli testimonianze d’affetto.

Pantalone. Penserastu più a sior Florindo?

Rosaura. Come ci entra Florindo in questo ragionamento? Da che voi me lo avete vietato, i labbri miei non lo hanno più nominato. Anche il mio cuore ha preso impegno di non rammentarlo, e voi siete il primo che me lo ha suggerito... (con calore

Pantalone. Tasi, fia mia, che no te lo nomino mai più.

Rosaura. (Che violenze son queste! Che angustie ad un povero cuore afflitto! Come si può resistere a tanta pena? ) (da sè

Pantalone. Coss’è, fia? Cossa gh’astu? Tornistu da capo?

Rosaura. Non mi crediate così volubile. Quel che ho detto, l’ho detto per mantenerlo.

Pantalone. Tre ore no le xe tanto lontane.

Rosaura. Bene.

Pantalone. Tremistu?

Rosaura. Perchè ho da tremare?

Pantalone. Co no ti tremi più, xe bon segno.

Rosaura. (Tremo, ma non si vede). (da sè

Pantalone. Adessadesso vegnirà el novizzo.

Rosaura. Venga, col nome del cielo.

Pantalone. Ti ghe darà la man?

Rosaura. Certamente.

Pantalone. Senza pianto?

Rosaura. Ci s’intende.

Pantalone. Ti sarà so muggier?

Rosaura. Così spero.

Pantalone. Ti speri, cara, ti speri? Siestu benedetta! Te vedo el cuor: ti lo fa per mi. El mio dolor t’ha mosso; la mia desperazion t’ha fatto mover a compassion. Ah! sangue mio, ti me fa pianzer dalla consolazion. (piange

Rosaura. (Povero il mio cuore!) (da sè; piange