Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VIII.djvu/488

472 ATTO SECONDO

Rosaura. Ora, signor padre, lo maltrattate. Una volta non dicevate così.

Pantalone. Una volta giera una volta. Adesso no posso più dir cussì. El m’ha perso el respetto.

Beatrice. Vi ha perso il rispetto? Oh! signora Rosaura.

Pantalone. La ghe diga le parole. (a Beatrice

Beatrice. (Abbiate pazienza). (piano a Rosaura

Pantalone. Forte, che senta.

Beatrice. In verità direi di quelle cose, che non sono da dire.

Pantalone. Qua no bisogna grattar le recchie a nissun; parlemo con libertà.

SCENA XVIIL

Arlecchino e detti.

Arlecchino. Signori, l’è qua Brighella colla lustrissima siora Olivetta so fia, che vol onorarli de una visita.

Pantalone. Adesso no gh’avemo tempo...

Beatrice. Oh! sì, sì, signor Pantalone, che vengano. (È bene di tener divertita la signora Rosaura; meno che ci pensa, è meglio). (a Pantalone

Pantalone. Vorria che destrighessimo quel che preme più.

Arlecchino. Cossa disela? Se i femo aspettar, i va in collera.

Beatrice. Vengano, vengano. È vero, signor Pantalone?

Pantalone. Che i vegna. (Sta donna vol tutto a so modo), (da sè

Arlecchino. Ghe dago un avvertimento. A Brighella no le ghe daga del ti, per amor del cielo. (parte

Beatrice. Rosaura, state allegra, divertitevi; non dubitate, che sarete contenta.

Rosaura. Sarei contenta, se avessi un cuor come il vostro.

Beatrice. Oh! ecco la ballerina.