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460 | ATTO SECONDO |
Arlecchino. Li vorria saludar.
Cameriere. Sono a pranzo.
Arlecchino. Cossa importa? Ho domanda licenza al patron. Disnerò con lori.
Cameriere. Sono a pranzo con un cavalier forestiere.
Arlecchino. Diseghelo, che son qua.
Cameriere. Or ora hanno finito; aspettate un poco.
Arlecchino. No vedo l’ora de veder el me caro Brighella; s’avemo sempre voludo ben.
Cameriere. Mi pare impossibile, perchè ha una superbiaccia terribile.
Arlecchino. Eh! con mi nol averà superbia. Semo sempre stadi come fradelli; caro vu, fem el servizi; diseghe che el vegna qua, che ghe vôi parlar.
Cameriere. Glielo dirò; ma non verrà.
Arlecchino. Perchè?
Cameriere. Non vorrà lasciare la figlia sola con quel forestiere in camera.
Arlecchino. Provè a dirglielo. Fem sto servizio. Ma no ghe disiì chi sia. Ghe vôi far un’improvvisata.
Cameriere. Ora glielo dico. (Pensate se monsieur Brighella si degnerà di costui). (da sè, parte
Arlecchino. Oh che caro Brighella! No ved l’ora de véderlo. Vôi retirarm un tantin, per arrivargh all’improvviso. (si ritira
SCENA IX.
Brighella ben vestito, e detto.
Brighella. Restate, restate, figlia. Giuocate alle carte col signor Conte. (verso la porta
Arlecchino. (Capperi! L’è vestì da siorazzo!)1 (da sè)
Brighella. Chi è2 che me domanda?