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454 | ATTO SECONDO |
che disse il mondo di lei? Come si parlava nei circoli della sua imprudenza, della sua ardita risoluzione? Dopo sei mesi si acquietò, è vero, il di lei genitore, persuaso dall’amore paterno e dalla necessità, che dopo il fatto consiglia; ma ha ella pertanto riacquistato il decoro? No certamente. Ella non si affaccerà ad una conversazione, che di lei non si mormori dalle medesime amiche sue. Ad ogni sua lode si contrapporrà la passata sua debolezza, si ricorrerà ad una tale memoria, qualunque volta vorrassi discreditarla. Lo sposo istesso, e molto più i di lui congiunti, la pungeranno talora su questo passo, e sarà ella portata per esempio1 delle pazze risoluzioni2, come una femmina che non si deve imitare.
Beatrice. Belle parole, ma non vagliono un fico.
Florindo. Signora Rosaura, capisco benissimo, e lodo il savio modo con cui pensate. Non ardirei nè meno io di proporvi una risoluzione, che offendesse il vostro decoro. Udite ciò che mi pare accordabile dall’amor vostro...
Beatrice. Se vi tratterrete in chiacchiere, perderete il tempo.
Florindo. Signora Beatrice, permettetemi ch’io parli.
Rosaura. Cara amica, in queste contingenze non si precipitano le risoluzioni.
Beatrice. A quest’ora io avrei risoluto.
Florindo. Come?
Beatrice. Una bellissima promissione fra voi altri due: una toccatina di mano, alla mia presenza e del mio servitore, manda a spasso il signor conte Ottavio.
Rosaura. Questo è quello ch’io non intendo di voler fare.
Florindo. Almeno promettetemi di non acconsentire alle nozze del Conte.
Rosaura. Vi posso promettere di non accordargli il mio cuore; ma della mia mano vuol disporre mio padre.
Beatrice. Ad uno la mano, e ad un altro il cuore; anche questo potrebbe passare per un matrimonio alla moda.