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LA FIGLIA OBBEDIENTE 451

tasse un’ingrata, un’infida! Qualunque abbia ad essere il mio destino, vorrei almeno disingannarlo, assicurarlo almeno, che obbedirà al mio genitore la mano, sopra di cui ha egli l’autorità e l’arbitrio; ma non il mio cuore, il quale non è più in istato di obbedire nè a lui1, nè alla mia ragione, nè alla mia volontà. Sì, è tuo questo cuore, caro il mio adorato Florindo. Lo sarà sempre, ad onta d’ogni legame; ma lo sarà in segreto, ma lo saprò io sola. Ah! che di questi miei sentimenti Florindo potrebbe essere mal persuaso; e ad onta di tutta la mia passione, potrebbe credermi o lieta, o indifferente per le odiate nozze che mi sovrastano. È necessario che mi giustifichi in qualche modo. Lo farò con un foglio, in cui misurando i termini fra il dovere di figlia onesta, e la tenerezza d’amante infelice, spieghisi il mio cordoglio, senza porre in pericolo la mia onestà. Cosa malagevole a farsi, ma necessaria a un animo forte, che in mezzo alle passioni più tenere sa distinguere e preservare il dovere, la virtù, il merito dell’obbedienza e quello d’una cieca rassegnazione. (siede, e si pone a scrivere) Sì, questi termini sono adattati. (dopo avere scritto qualche riga) Oh cielo! Posso lasciar correre questa parola? Sì, moderandola. (scrive) No, pensiamoci... questo sentimento è meglio adattato. (scrive) Una povera figlia, un’amante dolente avrebbe bisogno di chi le desse consiglio. Ma chi è in oggi, che dar sappia i consigli con sincerità e giustizia? (scrive) Ah! Beatrice, Beatrice... Non so che pensare della tua amicizia: mi sembra interessata, volubile, lusinghiera. Farò senza di lei. (scrive) Alfine, ciò ch’io scrivo non può cagionarmi nè rossor, nè rimorso... Il Conte istesso non potrebbe offendersi di tai sentimenti. Mio padre molto meno... Sento gente... Chi sarà mai? Beatrice? Venga, quantunque siami sospetta; la consulterò per prudenza, ma la ascolterò con cautela.

  1. Pap.: a me