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450 ATTO SECONDO


Beatrice. Povero giovine!... Se potessi... Orsù, venite con me.

Florindo. Dove?

Beatrice. Andiamo da Rosaura.

Florindo. Dalla signora Rosaura?

Beatrice. Sì, venite con me, e non pensate altro.

Florindo. Ma... suo padre...

Beatrice. Suo padre credo non sia in casa. Andiamo.

Florindo. Ah! Signora, non mi ponete in cimento...

Beatrice. Che debolezza!1 Risoluzione vi vuole.

Florindo. Che cosa pensereste di fare?

Beatrice. Andiamo da Rosaura, e qualche cosa sarà. Due che si vogliono bene... Una buona amica di mezzo... Qualche cosa sarà.

Florindo. Ma non vi aspetta vostro consorte?

Beatrice. Quando si tratta di queste cose, non m’importa ne men del marito. Andiamo. (lo prende per mano, e lo conduce in casa

Florindo. Cielo, aiutami.

Beatrice. Son così fatta, non posso veder penare. (entrano in casa di Pantalone

SCENA III.

Camera di Rosaura con tavolino.

Rosaura sola.

Ecco come un solo momento divide il bene dal male, il piacer dal dolore. Due ore prima era io la più contenta donna del mondo; ora sono la più dolente, la più sventurata. Come mai Florindo riceverà la funesta notizia della risoluzion di mio padre? Chi sa, s’egli ancora ne sia consapevole? Come apprenderà il di lui cuore la necessità in cui sono di dover2 obbedire e sagrificarmi? La crederà egli incostanza, infedeltà3? Oh cielo! Sarebbe4 il maggiore de’ miei tormenti, che Florindo mi ripu-

  1. Pap. aggiunge: A che serve il piangere!
  2. Pap. aggiunge: forse.
  3. Pap.: mia incostanza, mia infedeltà?
  4. Pap.: Questo sarebbe ecc.