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438 | ATTO PRIMO |
SCENA XIII.
Camera di locanda. Brighella in abito di campagna da viaggio. Lumaca servitore. camerieri d’osteria, che portano bauli ed altre cose del bagaglio della Ballerina.
Brighella. Fe pian, fe pian con quel baul. Gh’è dentro un fornimento de porzellana de Sassonia, che val tre o quattrocento zecchini. Questa sarà la camera da ricever.
Cameriere. Ma noi, signori, in questa locanda non abbiamo camere superflue. Può ricevere in quella del letto.
Brighella. Seu matto? Siora Olivetta mia fia volè che la riceva in camera del letto? La mattina, co no la xe le vada, la receve in letto. Ma co la xe levada, la vol la so camera de udienza. Me despiase che no gh’è l’anticamera.
Cameriere. Se vuole un palazzo, in Venezia lo troverà.
Brighella. Siguro che troverò un palazzo. A Vienna, a Berlin, a Dresda, a Lisbona, a Madrid, a Londra, l’ha sempre avudo i primi appartamenti della città.
Cameriere. (Alle spalle de’ gonzi). (da se
Brighella. Tirè avanti quei do taolini.
Cameriere. Dove li vuole?
Brighella. Qua, un per banda. (mettono li tavolini avanti) Lumaga.
Lumaca. Signor.
Brighella. Tiò ste chiave; avri quel baul, e tira fora l’arzentaria.
Lumaca. La servo. (apre
Brighella. Cossa credeu! Gh’avemo la nostra arzentaria. (al cameriere
Cameriere. Me ne consolo.
Brighella. È tutta fatta da siora Olivetta, colle so onorate fadighe.
Cameriere. Son persuaso.
Lumaca. (Tira fuori due candelieri, e li dà a Brighella.
Brighella. Vedeu? Tutto arzento (li mette sopra un tavolino
Lumaca. (Ne dà altri due.