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LA FIGLIA OBBEDIENTE | 437 |
Pantalone. Ma non ostante...
Ottavio. Questa sera mi darete la mano. (a Rosaura
Rosaura. Questa sera?
Ottavio. Senza guanto.
Pantalone. Donca la vuol...
Ottavio. Questa sera si concluderà.
Beatrice. Sì, questa sera si faranno le nozze.
Pantalone. Cossa gh’intrela ela? (a Beatrice
Ottavio. Grassotta allegra, svegliate voi la mia sposa.
Beatrice. Lasciate fare a me; non dubitate.
Ottavio. (Si mette a guardar Rosaura fisso.
Pantalone. (No gh’è remedio. Bisogna mantegnir la parola), (da sè
Beatrice. (È il più bel carattere di questo mondo).
Rosaura. Signore, non mi avete ancora guardata?
Ottavio. Questa sera. Schiavo, signori. (parte
Rosaura. Ah! signor padre, vedete che uomo stravagante è codesto?
Pantalone. La parola xe dada, e no ghe xe più remedio. El xe ricco, el xe generoso. Qualcossa s’ha da soffrir. Alle curte. Ho promesso; l’avè da tior. (parte
Rosaura. Beatrice mia, e il povero Florindo?
Beatrice. Eh cara Rosaura, Florindo non vi ha mai regalate di quelle gioje.
Rosaura.1 Povero infelice! E dovrò abbandonarlo?
Beatrice. Eh! che tutti gli uomini sono uomini. Se io non avessi marito, vorrei liberarvi dall’incomodo del signor Conte. Mille doppie di gioje? Oh che bel marito! (parte
Rosaura. Il mio cuore val più di tutte le gioje di questa terra, e se dovrò perderlo, lo sagrificherò all’obbedienza, non all’idolo dell’interesse. (parte
- ↑ Precede nell’ed. Pap.: Nè a voi di quelle scatole.