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436 | ATTO PRIMO |
Ottavio. Cittadina grassotta! (a Beatrice
Rosaura. (Oh! se la sorte mi liberasse da questo Conte stucchevole, felice me! Lo cederei con tutte le sue ricchezze). ( da sè
Ottavio. Sposa mia, non voglio guanti. (a Rosaura
Rosaura. Ma, signore, la civiltà... la pulizia...
Ottavio. Avete la rogna?
Rosaura. Mi maraviglio di lei. (sdegnata
Ottavio. Uh! (con ammirazione, e si volta a Beatrice ridendo)
Pantalone. Sior Conte, se el temperamento de mia fia no ghe piasesse, se el fusse malcontento de sto negozio, la sappia che son un omo d’onor, capace de metterla in libertà.
Ottavio. (Tira fuori la tabacchiera e dà tabacco a tutti.
Pantalone. Gh’el digo de cuor, sala? Stimo infinitamente la so nobiltà, la so ricchezza, ma voggio ben a mia fia; e no vorave, che pentindose d’averla tiolta...
Ottavio. Zitto. Tenete. (offre la scatola d’oro a Rosaura
Rosaura. Obbligatissima; io non prendo tabacco.
Ottavio. Tenete.
Rosaura. In verità, la ringrazio.
Ottavio. Grassotta, a voi. (dà la tabacchiera a Beatrice
Beatrice. A me, signore?
Ottavio. Favorite. (gliela dà
Beatrice. Obbligatissima alle sue grazie. (la prende
Pantalone. (Eh! la se comoda presto). (da sè) Sior Conte, ghe torno a dir che mia fia xe un poco rusteghetta; se el fusse pentìo de volerla...
Ottavio. Zitto. (tira fuori una carta di tasca
Rosaura. (Oh! volesse il cielo ch’ei si pentisse davvero), (da sè
Ottavio. Vedete? (mostra la carta a Pantalone
Pantalone. Vedo. Questo xe el nostro contratto. Se la lo vol strazzar...
Ottavio. Siete un uomo d’onore?
Pantalone. Tal me pregio d’esser.
Ottavio. Tale voi, tale io. Quello che è scritto, è scritto. (ripone la carta