Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VIII.djvu/450

434 ATTO PRIMO

Ottavio. (Gli sputa in faccia, e resta colla faccia tosta.)

Arlecchino. Grazie a vussustrissima. (Se non ho avudo el zecchin sta volta, l’ho incaparrà per un’altra volta). (da sè, parte)

Ottavio. Bricconi! Dono quando voglio, bricconi.

SCENA XI.

Pantalone e detto.

Pantalone. Son qua da ela...

Ottavio. Schiavo suo. (s’alza per partire)

Pantalone. Dove vala?

Ottavio. Se non viene la sposa, qui non so che cosa io debba fare.

Pantalone. La vien subito. La se destriga de una so amiga, e la vien. (Quella siora Beatrice sempre qua a intrigar). (da sè)

Ottavio. L’aspettare m’annoia.

Pantalone. La lo ringrazia infinitamente...

Ottavio. (Osserva l’orologio.)

Pantalone. Xe ancora a bonora.

Ottavio. Avvertitela ch’io non aspetto mai.

Pantalone. Eccola qua che la vien.

Ottavio. Non aspetto mai.

Pantalone. (Tiolè, anca qua siora Beatrice. Siela maledetta! no la posso soffrir. La se ficca per tutto). (da sè)

SCENA XII.

Rosaura, Beatrice e detti; poi Arlecchino.

Rosaura. Serva umilissima del signor Conte.

Ottavio. Servitor umilissimo della signora Contessa.

Rosaura. Ella mi onora di un titolo, che io non merito.

Beatrice. Anch’io, signore, le sono umilissima serva.

Ottavio. Padrona mia. (Chi è questa?) (a Pantalone)

Pantalone. (Una cittadina, amiga de mia fia).

Ottavio. (Non mi dispiace. È grassotta).

Pantalone. Che i se comoda. Oe, portè delle careghe.