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430 ATTO PRIMO

Florindo. Signore, con vostra permissione...

Pantalone. Vorla andar via? La se comoda.

Florindo. Avrei da parlarvi.

Pantalone. Se vedremo, co la comanda.

Beatrice. Deve parlarvi adesso.

Pantalone. Ma ela cossa gh’intrela?

Beatrice. C’entro, perchè la signora Rosaura...

Pantalone. Coss’è, cossa voleu? (verso la scena)

SCENA VIII.

Arlecchino e detti.

Arlecchino. L’è qua el sior conte Ottavio.

Pantalone. Che el resta servido. El xe patron.

Arlecchino. Questo l’è generoso. Me vôi buttar. (parte)

Pantalone. Se le permette. Gh’ho un interessetto co sto cavalier.

Florindo. Tornerò a darvi incomodo.

Pantalone. Co la comanda.

Beatrice. Almeno ditegli...

Pantalone. Mo cara ela, no la sente che xe un cavalier?

Florindo. Ha ragione; non lo disturbiamo. E poi il mio affare non è sì breve per trattarlo così su due piedi. Oggi sarò a riverirvi.

Pantalone. Ancuo, o doman. Co la vol.

Florindo. (Rosaura non gli ha detto nulla. Non so che pensare). (da sè, parte)

Beatrice. Signor Pantalone...

Pantalone. Cara ela, la prego...

Beatrice. Una parola, e vado. Il padre del signor Florindo accorda...

Pantalone. El cavalier xe qua.

Beatrice. Accorda ch’egli sposi la signora Rosaura. (L’ho detta). (da sè, parte)

Pantalone. Pustu parlar per l’ultima volta. No posso soffrir sta zente, che voi intrar dove che no ghe tocca. Me despiase anca