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LA FIGLIA OBBEDIENTE 427


poco de nausea; ma co la xe in stomego, la fa ben. Se no podè bever el sorbetto de sior Florindo, tolè el siroppo de sior Ottavio, e vederè che el ve farà ben. (parte)

SCENA VI.

Rosaura sola.

Ei se la passa colle barzellette; ma io, povera disgraziata, io sento l’atroce pena che mi tormenta. L’obbedienza è una bella virtù, ma nel mio caso troppo costa a questo povero cuore. Che farò dunque? Mi opporrò ai voleri del padre? Deluderò i suoi maneggi con una manifesta disobbedienza? No, l’onestà mia nol consente, il mio costume non mi darebbe forza di farlo; ma Florindo?1 Potrò scordarmene?2 Nemmeno. Che farò dunque? Il tempo e la prudenza sono medici de’ mali gravi. Chi sa? Spero ancora nella provvidenza del cielo di poter salvar il cuore, senza perdere il merito della più giusta, della più onesta rassegnazione, (parte)

SCENA VII.

Altra camera di Pantalone.

Beatrice e Florindo, poi Pantalone.

Beatrice. Non viene mai questo signor Pantalone?

Florindo. Non avete inteso che cosa ha detto il servitore? Egli è colla signora Rosaura.

Beatrice. Ella gli averà detto tutto; me ne dispiace infinitamente.

Florindo. Perchè? Non lo ha da sapere?

Beatrice. Voleva io essere la prima a dirglielo.

Florindo. Eccolo.

Beatrice. Sentiremo, se sa ogni cosa.

Pantalone. (Oh diavolo! el xe qua; se savesse come far a schivarlo. No gh’ho cuor de parlarghe). (da sè)

  1. Segue nell’ed. Pap.: Potrò lasciarlo?
  2. Pap. aggiunge: Potrò trascurare di conseguirlo?