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380 ATTO TERZO

Ottavio. Vi supplico, signor Pantalone, tenetele compagnia fino che io torno.

Pantalone. E se vien so siora madre?...

Ottavio. In queste camere non verrà.

Pantalone. E se la vien a casa, e che no la la trova?

Ottavio. Risponderò io. Prendo la cosa sopra di me. Nipote, non vi perdete di animo. Ora sono da voi. (parte)

SCENA VIII.

Rosaura, Pantalone, poi Florindo di dentro.

Rosaura. (Venga pur la signora madre, qui non mi fa paura), (da sè)

Pantalone. (No vedo l’ora de destrigarme. Ho paura de qualche imbrogio). (da sè)

Rosaura. Caro signor Pantalone, possibile che non abbiate compassione di me?

Pantalone. Siora sì, la me fa peccà. Vorria poderla agiutar, ma con bona maniera, senza che el mondo avesse da rider de nu.

Rosaura. Non vorrei far rider di me, ma non vorrei nemmeno aver io motivo di piangere.

Pantalone. Tutto se comoda. No la gh’abbia paura.

Rosaura. Sono nelle mani del signore zio.

Pantalone. El sior zio xe orbà dalla collera. La gh’abbia prudenza.

Rosaura. Che cosa mi consigliereste di fare?

Pantalone. Tornar in te le so camere.

Rosaura. Obbligatissima del buon consiglio.

Pantalone. No la gh’abbia tanta pressa de maridarse.

Rosaura. Signor Pantalone, che cosa dice di questo caldo?

Pantalone. Digo cussì, che le putte de giudizio no le mette sottosora la casa.

Rosaura. (Se non fosse vecchio, gli risponderei come va), (da sè)

Florindo. (Di dentro) Chi è qui? Non vi è nessuno?

Rosaura. Il Marchesino! (con allegria)

Pantalone. Oh diavolo! Andemo, siora Contessina.

Rosaura. Dove?