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376 ATTO TERZO

Dottore. Le faccio riverenza. Quanto mi dispiace di non poterla servire io. Ma non si dubiti, che se non la servo direttamente, la servirò indirettamente. Ella mi capisce. Mi raccomando alla sua protezione. (parte)

SCENA III1.

Ottavio, poi Pantalone.

Ottavio. Costui lo conosco. Mi varrò di lui sino ad un certo segno, e non mi fiderò certamente di suo nipote.

Pantalone. Con so bona grazia

Ottavio. Che cosa ci è, signor Pantalone? Venite voi a parlarmi dolcemente per mia cognata?

Pantalone. No, sior Conte, son qua con ela. Fogo al pezzo. Chi la pace non vuol, la guerra s’abbia. I n’ha mosso lite? femo lite. I vol guerra? femo guerra. Mi, per lezze de bona amicizia, son a parte dei torti, dei affronti che ghe vien fatti, e son qua a sostener la so rason, se bisogna. El mio scrigno xe a so disposizion. Vaga tutto, ma sostegnimo el nostro ponto d’onor. (Adesso bisogna secondarlo, a so tempo procurerò raddolcirlo). (da sè)

Ottavio. Ho considerata la materia, e credo avrò tanto in mano da farli disperare.

Pantalone. Sì? Come, cara ela? Con chi s’ala conseggià?

Ottavio. Col dottor Balanzoni.

Pantalone. Mo se el defende siora Contessa e so fio.

Ottavio. Lo fa per forza, e mi ha suggerito un suo nipote.

Pantalone. Sior Conte, mi no digo mal de nissun; ma no posso soffrir sti caratteri indegni. No la se ne fida, la me ascolta mi, l’ascolta un amigo de cuor. Vardemo se se podesse vegnir a un aggiustamento...

Ottavio. Non mi parlate di aggiustamento. (alterato)

Pantalone. Via, via, no digo altro, la gh’ha rason. (Bisogna torlo a poco alla volta). (da sè)

  1. Questa scena, com’è nell’ed. Paperini, vedasi in Appendice.