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342 | ATTO PRIMO |
SCENA XIV.
Beatrice e Florindo.
Beatrice. Vedrà il signor cognato, se io conto nulla in questa casa. Vedrà chi sono.
Florindo. Servo umilissimo, signora Contessa.
Beatrice. Serva divota.
Florindo. Dov’è la mia sposa?
Beatrice. È ritirata nelle sue camere.
Florindo. Si sente male?
Beatrice. Non lo so precisamente; ma la ragazza è confusa.
Florindo. In giorno di tanta allegrezza, donde nasce la sua confusione?
Beatrice. Nasce dal non esser contenta1.
Florindo. Le manca qualche cosa? Contentiamola.
Beatrice. Ma! Queste ragazze parlano tardi.
Florindo. Io non vi capisco.
Beatrice. Signor Marchese, mi spiace dovervi dire una cosa; ma la mia sincerità vuole che io non la tenga celata. Rosaura non è contenta di queste nozze.
Florindo. Come! Se mi ha ella mostrato di essere contentissima?
Beatrice. È ragazza, non ha fermezza. Ora piange, accostandosi l’ora del sacrifizio.
Florindo. Oimè! che ella abbia accesa qualche novella fiamma nel petto?
Beatrice. Chi sa? Potrebbe anche darsi.
Florindo. Voi, che siete sua madre, non lo sapete?
Beatrice. Io non l’ho sempre alla cintola. Stando alla finestra per voi, può esserle piaciuto qualchedun altro.
Florindo. Dunque, signora, che si ha da fare?
Beatrice. Sospendiamo le nozze.
- ↑ Pap.: dal non essere la povera ragazza contenta.