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340 ATTO PRIMO

Rosaura. Cara signora madre, noi altre fanciulle siamo soggette a prender marito senza vederlo, e spesso ci tocca averlo odioso, anzi che amabile. Io sono stata fortunata, trovandone uno di genio; perchè volete pormi a rischio di cambiare in peggio?

Beatrice. Le figlie savie prendono quel marito che loro assegna la madre.

Rosaura. Bene; voi me lo avete assegnato.

Beatrice. Ed ora ve lo ritolgo1.

Rosaura. Oh, questa poi non la so intendere!

Beatrice. L’intendo io, e tanto basta.

Rosaura. Ma perchè una simile novità?

Beatrice. Il perchè lo so io.

Rosaura. Ed io non l’ho da sapere?

Beatrice. Signora no.

Rosaura. Son peggio di una schiava. Meglio per me, che fossi nata una serva. (piange)

Beatrice. Florindo non è partito per voi.

Rosaura. Perchè dunque me lo avete proposto?2

Beatrice. N’è causa quel pazzo di vostro zio.

Rosaura. Mio zio mi vuol più bene di mia madre. (piangendo)

Beatrice. Avvertite di non andar più nelle camere di vostro zio; se ci anderete, povera voi!

Rosaura. Via, cacciatemi in sepoltura.

Beatrice. Anche per voi verrà la buona giornata. Siete giovane, vi è tempo. Non vi mancherà uno sposo giovane e aggradevole. Il marchese Riccardo vi brama e vi sospira.

Rosaura. Se non ho il mio Florindo, non ne voglio altri.

Beatrice. Il vostro?

Rosaura. Sì signora, è mio. Me lo avete dato voi.

Beatrice. Chi ve lo ha dato, ve lo toglie.

Rosaura. Non mi leverete tutto.

Beatrice. Come?

  1. Segue nella ed. Pap.: «Ros. Parmi, compatitemi, che darlo possano le madri, ma non ritorlo. Beatr. Possono quel che vogliono. Non replicate. Ros. Oh, questa poi non la so ecc.».
  2. Pap.: farmelo praticare?