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pp. 222, 346). «Commedia un po’ frivola e ben congegnata» la giudica il Galanti (op. cit. p. 223), ma dove mira il primo qualificativo? Altri avverte come la fine interpretazione bastasse a far «dimenticare tutto quello che la commedia ha di inverisimile e di farraginoso» (Guastalla, Antologia Goldon., Livorno, 1908, p. 61).

Pure in chi non inclini a malignità qualche dubbio potrà insinuarsi — tra i personaggi [a. I, sc. IX] e tra gli spettatori ammiranti — sull’indole de’ rapporti di Corallina con Florindo, ospite in casa sua. Farne una femmina tanto matura da togliere ogni base alla maldicenza il G. non volle per non scemar valore alla nobiltà del suo agire. Nè le attrici vi si sarebbero acconciate. La servetta, buona o maliziosa, gaia o sentimentale, per tradizione di ruolo doveva esser giovine. Così se il Beregan esagerò nel ritenere Pamela non donna, ma cosa divina, non ebbe però torto a scrivere: «Nell’amorosa serva ravviso una eroina» (Il Museo d’Apollo, in append. al vol. XIII delle Comm. d. dott. C. G. Torino, 1758, p. 17). In altre parole ripete lo stesso apprezzamento ai giorni nostri il Dejob, notando che in questo simpatico personaggio v’ha un po’ di chimera (Les femmes dans la com. franç, et ital. au XVIII siècle. Paris, 1899, p. 351). Dai quali appunti, mossi alla commedia già al suo primo apparire, si difende, s’è visto (Premessa), alla meglio l’a. stesso. Ma chi non sa che il Goldoni quando metteva la sua gente sul sentiero della virtù, si lasciava un po’ prender la mano dai suoi buoni propositi? In chiusa di commedia però anche Corallina torna creatura terrena e per isposare Brighella domanda, senza false modestie, a Ottavio una dote. Ridiviene così, almeno all’ultima scena, «la serva utilitaria e pensosa del suo avvenire» qual’è la servetta goldoniana, avverte il Costetti (Bozzetti drammatici, Bologna, 1887, p. 191). Luigi Falchi, preoccupato sempre della tesi nel teatro goldoniano, esalta il significato di questa «serva amorosa» che «non solo non ha un’anima servile, ma è così nobile che essa può raggiungere le cime più alte dell’umano disinteresse» (Intendimenti sociali di C. G., Roma, 1907, p. 67). Tutto bene. Non si scordi però che il G. imaginò questa serva per offerire una parte d’effetto alla Marliani, proprio come l’anno prima aveva cantato a gloria la virtù d’una signora (la Moglie saggia) per far figurare la Medebac.

Se concezione troppo ideale Corallina, crudo increscioso realismo è nel personaggio di Florindo «prototipo del buono a nulla settecentesco» (G. Piazza, Mariti e cavalieri serventi nelle commedie del G. Riv. teatr. it., 1906, nov., p. 120). Passa il segno però chi in questo giovine sano che senza pensare a fatiche di sorta si lascia mantenere da una povera serva, scorge un quadro esatto d’una realtà oggi ancora comune tra noi (J. Widmann, Jenseits des Gotthard, Frauenfeld, 1888, p. 170).

L’indagine storica addita, fonti parziali a questo lavoro, delle quali l’a. assai probabilmente si valse, il Malade imaginaire (Comm. scelte di C. G., pubbl. per cura di R. Nocchi, Fir., 1856, p. XVIII; Les grands écrivains d. I. France. Molière, vol. IX, pp. 239, 240; Rabany, op. cit. pp. 259, 346; Maddalena, La S. a. del G. Rivista dalmatica, Zara, 1900, genn., p. 159; Merz, C. G. in s. Stellung z. franz. Lustsp., Leipzig 1903, p. 26), lo scenario Il vecchio avaro overo li scritti di Basilio Locatelli, composto non più tardi del 1618 (R. Bonfanti, Uno scenario di B. L., Noto, 1901) e forse an-