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290 | ATTO TERZO |
SCENA XI.
Corallina dalla camera di Ottavio, poi Arlecchino.
Corallina. Manco male che se n’è andata. Posso uscire liberamente. Povero padrone! Ma! Questi vecchi imparino a rimaritarsi. (va per la porta segreta, ed incontra Arlecchino)
Arlecchino. Chi va là?
Corallina. Oimè!
Arlecchino. Chi sive vu?1
Corallina. Sono il giovine del notaio.
Arlecchino. Il giovine del notaio? (contraffacendo la voce di Corallina) Saldi. (la prende per un braccio)
Corallina. Lasciatemi andare.
Arlecchino. (Sta vose la cognosso). (da sè) Vegnì con mi.
Corallina. No, lasciatemi.
Arlecchino. Eh sangue de mi! (la vuol tirare innanzi) Griderò, farò vegnir zente.
Corallina. No, per carità.
Arlecchino. Oh corpo del diavolo! Corallina?
Corallina. Zitto, per amor del cielo.
Arlecchino. Oh, no vôi che me vegna el gosso. Vôi gridar. Cora....
Corallina. Senti, senti; prendi questo zecchino, e sta zitto.
Arlecchino. L’oro èlo un bon remedi contra il gosso?
Corallina. Sì, te lo dono, lasciami andare, e non lo dire a nessuno.
Arlecchino. Va là; farò sto atto de cavalleria.
Corallina. Cielo, aiutami. (parte)
Arlecchino. Qualche imbroio gh’è sotto: ma a mi me basta che sto zecchin sia de peso. (parte)
- ↑ Chi siete voi? [nota originale]