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LA SERVA AMOROSA 287

Ottavio. Ma se non può stare.

Arlecchino. Ha dit la padrona, che ghe mandè quella carta da notte, che avì mess in tei cantaro1.

Ottavio. Testa di legno! Vorrai tu dire quella carta di dote, che ho messo nel canterale.

Arlecchino. Circumcirca.

Ottavio. Ho capito; è nella camera dove dormo. Vattene, che ora la mando al signor notaio.

Arlecchino. I m’ha dit che la porta....

Ottavio. Va in sala, aspetta, e la porterai.

Arlecchino. Vado in sala, e la porterai2. (parte)

Ottavio. Presto, sentiamo che cosa sa dirmi quella buona donna di Corallina. (in atto di partire)

SCENA VII.

Corallina e detto.

Corallina. È andato via? (dalla camera, incontrandola Ottavio)

Ottavio. Sì, ma per maggior sicurezza entriamo nella mia camera. Parlatemi pure liberamente, che son disposto a far tutto per chiarirmi della verità.

Corallina. Andate innanzi; permettetemi ch’io dica una parola ad un uomo ch’è qui sulla scala segreta.

Ottavio. E chi è quest’uomo?

Corallina. È il servitor del notaio.

Ottavio. Vi conosce?

Corallina. Signor no3.

Ottavio. Via, spicciatevi, che vi aspetto. Mi sento un ardor nello stomaco, che mi par di morire. Ah, se scoprissi un inganno... Ma non sarà vero; mi pare impossibile. (entra per la porta di fondo)

  1. Vuol dire quella carta di nozze, che ha posta nel canterale, cioè nell’armadio. [nota originale]
  2. Sproposito da Arlecchino. [nota originale]
  3. Pap.: Oibò.