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286 | ATTO TERZO |
Corallina. Sentite: fate così... Ma non vorrei, parlando di cose tetre, venirvi a noia. Volete che mutiamo discorso?
Ottavio. No, no, seguitiamo questo. Mi preme assai.
Corallina. Bisogna farsi animo, e far così... (si batte alla porta chiusa) Oimè! battono.
Ottavio. Chi sarà mai?
Corallina. Conviene aprire.
Ottavio. Ma... Il nostro discorso...
Corallina. Un’altra volta. (tornano a battere)
Ottavio. Nascondetevi. Entrate nella mia camera. Colà non verrà nessuno.
Corallina. Avvisatemi, se vi è pericolo. (Voglia il cielo ch’io possa condurre a fine il disegno). (da sè; entra in una camera in fondo alla scena)
SCENA VI.
Ottavio, poi Arlecchino.
Ottavio. Oh, sono pure nel grand’imbroglio! Povero me! Se fosse vero... Ah, spero che non sarà. (apre) Che vuoi? (ad Arlecchino, che si presenta alla porta)
Arlecchino. El sior nodaro el dis cussì, che vussioria ghe manda...
Ottavio. Che cosa?
Arlecchino. Ghe manda....
Ottavio. Ma che? Spicciati.
Arlecchino. Ah sì! El contrasto dei novizzi1.
Ottavio. Che diavolo dici? Io non ti capisco.
Arlecchino. Me par certo che l’abbia dit cussì.
Ottavio. Sei un balordo; non avrà detto così.
Arlecchino. Adess m’arrecordo: la creatura del matrimonio2.
Ottavio. Eh, va al diavolo, pappagallo.
Arlecchino. Mo se el m’ha dit cussì.