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LA SERVA AMOROSA | 285 |
Corallina. Perchè, se la conosceste, non vi lascereste da lei menar per il naso.
Ottavio. Oh via: sapete che le voglio bene, son contento di lei, non m’inquietate.
Corallina. Avete ragione. Parliamo di cose allegre. Finalmente io non ci devo entrare. E vero che sono nata in casa vostra, che vi ho amato e vi amo come padre; ma finalmente sono una povera serva. Che ha da importare a me, che il mio padrone si lasci ingannare da una donna finta? Ch’ella gli faccia le belline sul viso, e lo maledica dietro le spalle? Che mostri d’amarlo, e non veda l’ora ch’ei crepi? Che gli faccia scacciare il proprio figliuolo, per arricchire il figliastro? Che gli voglia far far testamento, per assicurare la sua fortuna, e dopo accelerar la morte del povero vecchio benefattore? Finalmente queste cose a me non faranno nè male, nè bene; non ci voglio pensare, non ne voglio discorrere. Signor padrone, parliamo di cose allegre.
Ottavio. Ah Corallina... Non più cose allegre; cose tetre, cose miserabili... Come! Si vuol ch’io faccia testamento per farmi poscia morire?
Corallina. Pur troppo è la verità. Ma non voglio infastidirvi. Mutiamo discorso1.
Ottavio. Ah se potessi di ciò assicurarmi; vorrei prima di morire far una bella risoluzione.
Corallina. Signor padrone, parliamo quietamente, senza che vi conturbiate; che torto fate voi alla signora Beatrice, a dubitar di lei per un poco?
Ottavio. Niente affatto.
Corallina. Dunque fate così. Dubitate di lei per un’ora, ed io m’impegno di farvi toccar con mano la verità. O sarà ella una buona donna, e voi fate tutto a suo modo; o sarà una finta, una bugiarda, e voi farete quello che più vi tornerà a conto.
Ottavio. Tu di’ bene... Ma come posso io far questa prova?
- ↑ Pap. aggiunge: parliamo di cose allegre.