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LA SERVA AMOROSA 283

Ottavio. Che fa colui?

Corallina. Poverino! Ve lo potete immaginare.

Ottavio. Suo danno. Doveva essere meno altiero.

Corallina. Ma! In sua gioventù gli tocca a soffrire delle gran cose.

Ottavio. Che cosa soffre?

Corallina. Scarsezza di pane, necessità di tutto, il rossore di vedersi fuori di casa sua, e sopratutto piange amaramente la privazione della vista del suo caro padre....

Ottavio. Oh via! non mi1 venite a rattristare. In questa età non ho bisogno di piangere. (alterato)

Corallina. È vero, sono una bestia. Compatitemi, e parliamo di cose allegre. Signor padrone, io mi vorrei rimaritare.

Ottavio. Sarà ben fatto. Sei ancor giovine; e per dirtela, a star con Florindo non fai buona figura.

Corallina. È vero; lo diceva ancor io; mi preme la mia riputazione, e non ci voglio star più. Finalmente non è niente del mio. Vada lacero, vada pezzente, consumi in un giorno quello che gli date voi per un mese, che cosa ha da premere a me? Faccia delle male pratiche, a me che cosa deve importare? Io non sono sua madre; finora ho procurato di assisterlo, di governarlo, di soccorrerlo colle mie fatiche, coi miei lavori. Sono stanca di farlo, voglio pensare a me. Vada in rovina, vada in precipizio. Suo danno. Signor padrone, parliamo di cose allegre.

Ottavio. Ma! Perchè ha d’andare in rovina? Non gli bastano sei scudi il mese? Non gli bastano per mangiare due paoli il giorno?

Corallina. Sì, gli basteranno. E poi, che s’ingegni. Per vestirsi ci pensi da sè. Che vada a giuocare, che faccia quello che fanno tanti altri disperati suoi pari.

Ottavio. Come! Vorresti ch’egli si gettasse coi vagabondi?

Corallina. Sentite: un giovine ozioso, fuori di casa sua, con pochi assegnamenti, e bisognoso di tutto, non può fare a meno di non gettarsi alla mala vita. Io sinora l’ho tenuto in freno. Ma

  1. Pap.: Oh via! cara non mi ecc.