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LA SERVA AMOROSA 259

Ottavio. Non dubitate. Uno di questi giorni farò testamento. Ho pensato a tutto. Vi voglio bene.

Beatrice. Ma, caro signor Ottavio, il testamento non accederà già la morte. Farlo oggi, farlo domani, farlo da qui a un anno, da qui a due, per chi lo fa è lo stesso. Anzi, quando un uomo ha fatto testamento, si pone in calma, non ci pensa più, si è sgravato d’un peso, e gode tranquillamente i suoi giorni, e vive probabilmente di più.

Ottavio. Sapete che non dite male? In fatti tante volte mi sveglio la notte, e penso a questa cosa. Sovente a tavola ancora ci penso. Fatto ch’io l’abbia, non ci penserò più.

Beatrice. Voi mi benedirete, signor Ottavio, quando lo avrete fatto. Vi contentate che venga questa sera il notaio?

Ottavio. Fate quel che vi piace.

Beatrice. Domani vi parrà d’esser rinato.

Ottavio. Mi fa un poco di ribrezzo questo far testamento, ma procurerò superarlo.

Beatrice. Sarebbe bella, che chiamando il medico per far purga, fosse un motivo per ammalarsi! Così del testamento; si fa per precauzione, e non per necessità.

Ottavio. Voi parlate da quella donna che siete. Oh, se mi foste capitata vent’anni addietro! Cara la mia Beatrice, se m’aveste veduto da giovine!

Beatrice. Non sareste stato tutto mio.

Ottavio. Oh, oh! Vent’anni sono, trent’anni sono... Basta, ora potete viver sicura; non vi è pericolo.

Beatrice. M’immagino che avrete preparata la vostra disposizione.

Ottavio. Sì; appresso a poco l’ho divisato il mio testamento.

Beatrice. Ricordatevi che avete un figlio legittimo e naturale, il quale, benchè per sua disgrazia sia scellerato, pure è vostro sangue, e non lo dovete privare dell’eredità.

Ottavio. Brava! siete una donna savia e prudente: ammiro la vostra bontà. Benchè colui v’abbia offesa, non gli volete male.

Beatrice. Anzi vi prego fargli del bene. Io vi consiglierei lasciargli almeno almeno trecento scudi l’anno.