Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VIII.djvu/269


LA SERVA AMOROSA 257

Arlecchino. Perchè?

Brighella. Perchè a chi se trattien de parlar, ghe vien el gosso. (parte)

Arlecchino. Mo no vorav miga, che me vegniss el gosso anca a mi. Vago subito a dirlo al me patron, o alla me patrona, che se manizza st’alter negozi... Ma bisogna che vaga dal nodar... No, l’è mei prima che vaga a cà... Ma se no vag dal nodar, i me bastona. Coss’è mei, el goss o le bastonade? L’è mei el gosso; finalmente l’è una bellezza, e se tornerò al me paese col gosso, poderò vantarme de essere un bergamasco da Bergamo. (parte)

SCENA VII.

Camera in casa di Ottavio.

Ottavio e Beatrice.

Ottavio. Mandate a dire al notaio, che verrà un altro giorno; oggi non ho volontà di discorrere.

Beatrice. Caro signor Ottavio, da qualche giorno in qua siete un poco tristarello. Vi sentite male?

Ottavio. Eppure l’appetito mi serve.

Beatrice. Questo vostro appetito soverchio non mi piace. Dice il medico che quasi tutti li vecchi, quando s’avvicinano alla morte, mangiano più del solito.

Ottavio. Ma! voi mi vorreste veder morire. Siete annoiata di me, signora Beatrice? Pazienza.

Beatrice. Oh caro marito mio, che cosa dite? Desidero la vostra salute più della mia. Prego il cielo che viviate più di me.

Ottavio. Vi posso credere?

Beatrice. Mi fate torto, se ne dubitate.

Ottavio. Datemi la mano.

Beatrice. Eccola.

Ottavio. Cara!

Beatrice. Poverino!

Ottavio. Quando morirò, mi dispiacerà pur tanto di lasciarvi.

Beatrice. Via, non pensiamo a malinconie.