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LA SERVA AMOROSA 255

Lelio. Sì, ma dal zendale coperto.

Arlecchino. Ho capido. Podì donca dir così: E tanto tempo, che innamorato del vostro zendale...

Lelio. Animalaccio! Il zendale non innamora.

Arlecchino. Bestiaccia! se non avì visto altro.

Lelio. Ho veduto e non ho veduto...

Arlecchino. Donca disì cussì: Essendo innamorato della vostra immaginaria bellezza...

Lelio. Non voglio metter la cosa in dubbio.

Arlecchino. Ma se no savì gnente de siguro.

Lelio. Come non so niente di sicuro? Il signor Pantalone mi ha assicurato ch’è fatta e detta.

Arlecchino. Donca scomenzè cussì. Bellissima fatta e detta...

Lelio. Sei un asino.

Arlecchino. Sì un ignorante.

Lelio. A me non mancano termini equivalenti al merito della bellezza; e le dirò all’improvviso, che Amore ed Imeneo sono quei due fratelli, che prendendo la di lei bellezza per loro sorella, hanno stimolato il mio cuore ad inquartarsi nel parentado. Vado a dirlo alla signora madre. (parte)

SCENA VI.

Arlecchino, poi Brighella.

Arlecchino. Oh che sacco de spropositi! Più che gh’insegno e manco l’impara.

Brighella. Paesan, te saludo.

Arlecchino. Brighella, me ne consolo.

Brighella. De cossa?

Arlecchino. Semo da nozze.

Brighella. Nozze! de chi?

Arlecchino. De la to patrona col fiol del me patron.

Brighella. Ho gusto da galantomo. Vale avanti? Se faral sto matrimonio?