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LA SERVA AMOROSA | 229 |
barbaro! specchiati in questa donna dabbene, e vergognati che una serva abbia in verso del padrone quella pietà, che tu non hai in verso di un figlio.
Arlecchino. Oh de casa? (di dentro)
Florindo. Ecco il servo di mio padre. Che vorrà mai?
Arlecchino. Se pol vegnir? (di dentro)
Florindo. Sì, vieni.
Arlecchino. Servitor umilissimo. Corallina gh’ela?1
Florindo. Non c’è: che cosa vuoi?
Arlecchino. L’è un pezz che no la vedo. Gera vegnù a trovarla.
Florindo. Che fa mio padre?
Arlecchino. Poverin! poco fa el pianzeva.
Florindo. Piangeva? E perchè?
Arlecchino. Perchè so muier l’era in collera, e no la voleva farghe carezze.
Florindo. Ah vecchio rimbambito!
Arlecchino. Adess mo i è là in allegria: i ride, i se coccola2, i par do sposini de quindes’anni.
Florindo. Colei conosce il suo debole, e lo tiene al laccio.
Arlecchino. Era in camera, e i m’ha manda in t’un servizio.
Florindo. Buono! dove ti hanno mandato?
Arlecchino. I m’ha manda a cercar un beccavivo.
Florindo. Che è questo beccavivo?
Arlecchino. L’è el contrario del beccamorto.
Florindo. Io non ti capisco.
Arlecchino. El beccamorto vien a beccar quando l’omo3 è morto, e questo el vien a beccar quando l’omo l’è ancora vivo.
Florindo. Ma chi è costui?
Arlecchino. El nodaro.
Florindo. Come! Ti hanno mandato a cercar un notaro? Per farne che?