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LA SERVA AMOROSA 225


dato dietro bel bello dieci o dodici passi lontano, sempre esitando fra il sì ed il no; dicendo: mi vuol bene, o non mi vuol bene? Ma sì! Me ne sono poi assicurato. La serva si è rivoltata due volte a vedere s’io la seguitava; lo ha detto alla padrona, e tutte due ridevano per la consolazione. Io non sapeva chi fosse; finalmente, arrivata a casa, la serva aprì l’uscio. Mi accorsi chi era, accelerai il passo, e giunsi in tempo che mi serrarono l’uscio in faccia. Gran modestia! dissi fra medesimo. Ma l’amore non si può tenere nascosto. Corse subito alla finestra per riverirmi. La vidi, mi cavai il cappello, ed ella si pose a ridere così forte, che fece ridere ancora me. Si ritirò per allora; ma sette o otto volte il giorno passo di lì. La vedo una o due volte, e quando mi vede, sempre ride, e mi fa de’ gesti, e dimena il capo, e guardandomi, parla colla serva, e mi mostra alle sue vicine; in somma è innamorata morta de’ fatti miei.

Beatrice. Bel fondamento per dire che è innamorata di voi! Io credo più tosto...

SCENA V.

Un Servitore e detti.

Servitore. Signora, che cos’ha il padrone che piange e si dà dei pugni pel capo?

Beatrice. (Povera me! È disperato, perchè io sono in collera seco. E vecchio, la passione lo potrebbe far morire. Non ha fatto ancor testamento... Presto, presto...) (da sè; va per partire)

Lelio. Vi assicuro, signora, che mi vuol bene...

Beatrice. Sì, sì, pazzo, ne parleremo. (parte)

Servitore. (Dopo che il mio padrone si è rimaritato, ha perso affatto il giudizio). (da sè, parte)

Lelio. Se quel giorno ch’io l’incontrai per la strada, l’avessi conosciuta, la cosa era fatta. Con quattro parole di quelle che so dir io, con un testoncello alla serva, il negozio s’incamminava a dovere. Maledetti i zendali! Sono la mia disperazione: non