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LA SERVA AMOROSA | 217 |
Ottavio. Suo danno. Le doveva portar rispetto.
Pantalone. E sior Lelio, fio de quell’altro so mario, el se la gode in sta casa, e el fa da paron1.
Ottavio. È un buon ragazzo. Di lui non mi posso dolere.
Pantalone. El xe un sempio, un allocco, un papagà2, pezo del vostro servitor Arlecchin. Basta: son un galantomo, no voggio far cattivi offizi per nissun. Solamente me sento mosso a pietà del povero sior Florindo, e me par impussibile che un omo della vostra sorte abbia sto cuor de veder a penar in sta maniera el so sangue.
Ottavio. In verità dispiace anche a me.
Pantalone. Mo perchè no lo feu tornar in casa?
Ottavio. Per ora non posso. La signora Beatrice è ancora contro di lui sdegnata. Si placherà a poco per volta, e spero che le cose si accomoderanno.
Pantalone. Ma almanco (compatime, sior Ottavio, se intro in ti fatti vostri: lo fazzo per el vostro decoro), almanco passeghe un mantenimento onesto e discreto. Cossa voleu ch’el fazza con sie scudi3 al mese?
Ottavio. Con due paoli al giorno, dice mia moglie che può vivere, e gliene deve avanzare.
Pantalone. I xe do da mantegnir: elo e la serva.
Ottavio. Che bisogno ha della serva? Corallina è nata ed allevata in casa mia; si è maritata, ed è rimasta vedova in casa mia; perchè ha voluto andare a star con lui? Oh, se sapeste quanto me ne dispiace! Corallina l’ho amata come una figliuola, ed ora ha lasciato me, per andare a star con lui.
Pantalone. Anca mi ho dito qualcossa su sto proposito; e lu anca el faria de manco; ma Corallina la dise cussì che la xe nata, se pol dir, insieme co sior Florindo, che i ha magnà el medesimo latte, che la ghe vol ben come se el fusse so fradello, e che la vol star con elo, se la credesse magnar pan e agio4.