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IL MOLIERE | 81 |
Siate saggia, Isabella, quanto voi siete onesta.
Ecco il lume. Apro l’uscio. Entrate, io vi precedo.
Isabella. V’andrò mal volentieri.
Moliere. Ah traditor, che vedo?
(apre l’uscio e vede Pirlone)
SCENA III.
Il signor Pirlone dalla camera, e detti.
Schernitemi voi pure, datemi pur la morte.
Non è che a’ vostri piedi mi getti un vil timore;
Mi guida il pentimento, il rimorso, il rossore.
In quel recinto oscuro1 il ciel m’aperse un lume.
Mi fece il mio periglio pensare al mio costume.
E il popolo commosso contro Pirlone a sdegno,
Essere m’assicura dell’altrui fede indegno.
Temei de’ carmi vostri l’aspre punture acute,
Qual s’odia dall’infermo chi porge a lui salute;
E feci ogni mia possa per occultare al mondo
L’immagine d’un tristo, che mi somiglia al fondo.
Pentito d’ogni errore, l’usure mie detesto.
Rinunzio all’impostura, al vivere inonesto;
A voi, al mondo tutto mi scopro qual io sono,
E delle trame indegne, Molier, chiedo perdono.
Moliere. Ed io perdon vi chiedo, se a voi feci l’oltraggio
D’usar le spoglie vostre nel noto personaggio.
Oh scene mie felici! oh fortunato inganno,
Se val d’un uom perduto a riparare il danno!
Diasi la gloria al vero: il ciel con mezzi tali
Sovente il cuor rischiara dei miseri mortali.