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Nicoletta, in cui ravvisano i tratti più simpatici di questa Rosaura il Galanti (Per l’inaug. in Ven. del monum. a C. G. Discorso, Padova, 1884, p. 10), Cesare Levi (Le amanti di G. La Vedetta, Fiume, 1907, maggio - luglio) e Anita Pagliari (La donna nella Vita e nella comm. di C. G. Vita femmin. ital. Roma, 1907, p. 400). Ma se il Gold. fece qualche leggero strappo al contratto nuziale, non assomigliò per fortuna in nulla al co. Ottavio, nè certo vi fu mai bisogno di drammatiche scene per ricondurre l’armonia tra i coniugi.

Superfluo ricorrere questa volta alle fonti, sempre citate in queste Note, a documentare la vitalità della presente commedia. Fortunatissima tra le numerose figliole del suo babbo, si mantenne fresca sulle scene finchè L’Amore senza stima del Ferrari non ne prese il posto. Ma ieri ancora, dopo quasi mezzo secolo di riposo, venne assai felicemente esumata da Emilio Zago (16 ott. 1908 al Ristori di Verona, poi altrove), benemerito rievocatore di tanti lavori goldoniani a torto dimenticati. La critica l’accolse a festa e lodò la buona interpretazione, massime lo Zago stesso nella parte di Pantalone (Arena, Verona, 1908, 17-18 ott.).

Perchè significativa nella produzione goldoniana, la M. s. fu accolta di recente tanto nella scelta, curata da A. Padovan (Comm. scelte di C. G. Mil., Hoepli p. 1902) che nella Biblioteca dell’Adriatico (n. 4, 1909). Ebbe anche, nel 1815, la sorte, non sappiamo se malinconica o avventurata, di dare il soggetto a un’opera di Ferdinando Paini. (Musatti. Drammi musicali di C. G. e d’altri tratti dalle sue comm. Bassano, 1900, p. 9). Sconosciuto l’autore del libretto. Fu tradotta in portoghese (A mulher amorosa, 1778, cfr. Breiga, Hist. do th. portuguez. A baixa comedia e a opera sec. XVIII, Porto, 1871, p. 339), in greco (Atene, 1838, assieme a cinque altre del suo autore), e in tedesco una mezza dozzina di volte addirittura. Traduttori in Germania Heubel, Laudes, Loth, Saal, Engel, l’ultimo de’ quali, il celebre autore delle Idee sulla Mimica, modificò, non sempre bene ispirato, in qualche punto l’originale (cfr. Daffis, Johann Jacob Engel als Dramatiker, Berlin, [1899?], pp. 30 sgg.). In queste diverse traduzioni, e particolarmente nel rifacimento dell’Engel, la M. s. ricorre frequentissima sui manifesti dei teatri tedeschi. Predilezioni di spettatori e di comici, non sempre divise dalla critica. Per C. H. Schmid la M. s. del C. è «uno de’ migliori lavori di questo fecondo scrittore» (Das Parterre. Erfurt, 1771, p. 315). Il Klotz invece, riferendo nella sua nota rivista Deutsche Bibliothek der schönen Wissenschaften 1769, XIII, Stück, p. 700) sulle recite seguite in quell’anno a Lipsia durante la Fiera di Pasqua, scriveva: «La M. s. del C, che si recitò già un numero infinito di volte, venne di nuovo a galla. Un ampio lavoro di riduzione potrebbe rendere questa commedia adatta alle nostre scene. Così, è troppo italiana e troppo goldoniana. Goldoni copia tutto ciò che incontra nella realtà, ma il teatro esige pure che qualche cosa s’ingentilisca». Disgustosa gli sembra specialmente la scena d’introduzione e altre dei servi. Da un rapporto che un comitato di comici del Teatro Nazionale di Mannheim (v’era anche l’Iffland) inviava l’anno 1781 al suo presidente, co. Dalberg, stralciamo il seguente curioso brano: «Poichè al Serenissimo Principe il genere noioso non garba, e la M. s. è però scritta in gran parte così che l’elemento comico in questa commedia lascia parecchio a desiderare, è avviso unanime del comitato che l’Eccellenza Vostra permetta di serbare detto lavoro