Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VII.djvu/510

494 ATTO TERZO

Pantalone. (Tolè, semo da capo). (da se)

Ottavio. Rosaura, non dubitate. Il tempo è opportuno per una forte risoluzione.

Rosaura. Mi fido della vostra virtù.

Corallina. Che passino?

Ottavio. Sì, t’ho detto.

Rosaura. Porta la limonata nella mia camera; e avverti non me la tocchino.

Corallina. Oh non dubiti! Nessuno ha mai toccato la roba sua. (ritira il tavolino indietro)

Ottavio. (Perchè non farla gettare?) (a Rosaura)

Rosaura. (Lo farò senza dar sospetto). (ad Ottavio)

Corallina. (L’ampolla la lascio lì per ora; la prenderò poi. Ho d’andar a rispondere a quei signori coll’ampolla in mano?) (da sè, e parte)

Ottavio. Rosaura, ritiratevi con vostro padre.

Pantalone. (No lo lassar solo con culìa). (piano a Rosaura)

Rosaura. Vi ubbidisco. Andiamo.

Pantalone. (La lo farà zo). (come sopra)

Rosaura. Seguitatemi, se mi amate. (a Pantalone)

Pantalone. (Oh povera gnocca! Ti vederà). (parte con Rosaura)

Ottavio. Gli uomini, quando sono arrivati all’estremo dell’iniquità, o devono perire, o devono tornar indietro. Io era già sul punto di precipitare. Il cielo mi ha illuminato. Rosaura mi ha soccorso, la sua virtù mi ha assistito.

SCENA X.

La Marchesa Beatrice, Lelio, Florindo e detto.

Lelio. Amico! Eccomi qui da voi. (al Conte)

Florindo. Ed eccomi con una bella compagnia.

Beatrice. (Appena mi guarda. Pretenderà ch’io sia la prima a parlare). (da se)

Ottavio. Amici, vi supplico, favorite passare dalla Contessa. Io devo dire qualche cosa alla Marchesa sola.