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LA MOGLIE SAGGIA 491

Rosaura. Conte mio, qui nessuno ci sente; siam soli, e possian parlare con libertà. Voi siete sazio di me; voi amate la marchesa Beatrice; il nostro vincolo v’impedisce di possederla; il zelo mio vi tormenta nel conversarla1; sono stata io stessa a rimproverarla, e per me forse da se vi scaccia la vostra bella. Tutti motivi del vostro sdegno, tutte colpe di questa infelice, tutte ragioni che minacciano la mia morte. Eccola: voi, Conte mio, voi me l’avete preparata entro di quest’ampolla. Non voltate la faccia, non isfuggite mirarmi. So che quest’è un veleno; so che voi lo avete a me destinato: non ricuso di beverlo, ma far lo voglio in presenza vostra.

Ottavio. Eh, chi vi narra tai fole? Non credete... Non è... (vuol prender la caraffina)

Rosaura. Fermatevi, e lasciatemi dire. Se siete reo, compatitemi: se innocente, consolatemi. Deh torniamo a quel fatale principio, che vi dà pena di rammentare. Sovvengavi che voi foste il primo ed il solo amor mio. Deh rammentate a voi stesso per un momento le tenerezze che per un anno mi praticaste. Io era la vostra delizia, io il vostro bene, io la vostra consolazione. Oh cielo! Quando principiaste ad amarmi meno? Quando le mie luci, il mio volto, le mie parole principiarono a dispiacervi? Confessatelo da cavaliere. Allora solo che i vezzi della marchesa Beatrice v’istillarono il veleno nel cuore. Qual colpa ho io commessa, che meritar mi facesse lo sdegno vostro? Mi sono io allontanata mai dall’amarvi, dall’obbedirvi, dal compatirvi? Ah, dunque un nuovo amore mi rese odiosa ai vostri occhi. E voi vi lusingate, che sciolto dall’odiata catena che a me vi unisce, sareste colla mia rivale felice? No, v’ingannate. Farà altri le mie vendette, e soffrirete forse veder dimezzato quel cuore, che ora vi stimola ad allontanarvi dal mio. Ciò dicovi soltanto per l’amore che ancor vi porto, non per movervi a compassione di me. Odiatemi pure, uccidetemi, ve lo perdono; mentre piuttosto che vivere da voi lontana, a voi mi

  1. Così le edd. Bett. e Pap.; Pasq. e Zatta, per difetto forse di stampa: il zelo mio vi tormenta sono stata io ecc.