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490 | ATTO TERZO |
Rosaura. E vero, mi fan del bene.
Ottavio. Oggi l’avete bevuta?
Rosaura. Non ancora.
Ottavio. (Respiro). (da sè)
Rosaura. Via, sedete ed ascoltatemi, che resterete contento.
Ottavio. Parlate. Sono ad ascoltarvi. (siede)
Rosaura. Per principiare il discorso con ordine, dovrei rammentarvi che voi mi amaste, in tempo ch’io non sapeva che fosse amore...
Ottavio. Il ragionamento riuscirebbe assai lungo. Non avrei tempo per ascoltarvi.
Rosaura. Ciò direi solamente per farvi comprendere, che voi m’insegnaste ad amare.
Ottavio. Per dedurne poi che?
Rosaura. Che siccome principiai ad amarvi per rassegnazione ai vostri voleri, posso terminar di vedervi per obbedienza ai vostri comandi.
Ottavio. Tutto ciò vuol concludere, che avete risoluto di lasciarmi e di andare con vostro padre, non è egli vero?
Rosaura. Non siete ancora arrivato al punto. Corallina. (Corallina colla sottocoppa colla limonata)
Corallina. Comanda la limonata?
Rosaura. Sì, lasciala qui, e vattene. (Ottavio si turba)
Corallina. (Che brutto ceffo! Mi fa paura). (da sè, parte)
Ottavio. Che è questo? (alterato)
Rosaura. Questa è la solita mia limonata.
Ottavio. E perchè la venite a bevere qui? (alterato)
Rosaura. Compatitemi. Non ho avuto tempo.
Ottavio. (S’alza agitato.)
Rosaura. Fermatevi. (lo tiene per la veste)
Ottavio. Lasciatemi.
Rosaura. No, Conte, ascoltatemi. Misero voi, se non mi ascoltate.
Ottavio. Che volete voi dirmi?
Rosaura. Sedete.
Ottavio. Eccomi. (siede)