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488 ATTO TERZO

SCENA VI.

Camera in casa del Conte1, con tavolino e sedie.

Il Conte Ottavio, poi Corallina.

Ottavio. Ma! finalmente forz’è che l’umanità si risenta, Rosaura sarà un perpetuo rimorso al cuor mio. Ma il bene che onestamente io spero dal cuor di Beatrice, farà scordarmi e l’amore e l’odio che per Rosaura ho provato, e il di lei nome, e il di lei volto, e le sue lagrime, e la stessa mia crudeltà. (siede pensoso)

Corallina. Signore.

Ottavio. Che cosa vuoi?

Corallina. La mia padrona....

Ottavio. Che fa Rosaura?

Corallina. Mi manda la padrona... (piangendo)

Ottavio. Perchè piangi? Che hai? (alterato)

Corallina. No signore, non piango. (s’asciuga gli occhi) Manda la mia padrona a pregarvi, che le permettiate di venirvi a dire una cosa.

Ottavio. Ditele.... che sono occupato.

Corallina. È una parola sola.

Ottavio. Sai tu che mi voglia dire?

Corallina. Signor no, in verità.

Ottavio. Al tardi sarò da lei.

Corallina. Signore, non andate in collera. Ha detto che se non vi parla adesso, non vi parla più.

Ottavio. (Ah, Rosaura ha bevuto il veleno). (s’alza furioso)

Corallina. Via, se non volete, non verrà; che serve che v’infuriate?

Ottavio. (Povera sventurata!) (da sè, agitato)

Corallina. Le dico che venga?

Ottavio. (Negherò d’ascoltarla?) (come sopra)

  1. Bett.: Altra camera del Conte ecc.