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LA MOGLIE SAGGIA 435

Beatrice. Che signor delicato! Bisogna pesar le parole.

Ottavio. E con lei bisogna misurar i termini.

Beatrice. Bel cavaliere! Si picca con una dama.

Ottavio. Ma sempre, sempre...

Beatrice. Eh via, che siete volubile.

Ottavio. O voi, o io.

Arlecchino. Son qua. (col lume)

Beatrice. Io non fo quelle scene che fate voi.

Ottavio. Signora mia, perdonatemi; voi non mi conoscete.

Beatrice. Oh, oh, se vi vedeste voi nello specchio.

Ottavio. Ah maladetta la mia collera!

Beatrice. Anch’io sono un poco calda di temperamento, ma voi mi superate assai.

Ottavio. Sapete perchè sono rabbioso, impaziente? Ve lo dirò io... Va via. (a Brighella)

Brighella. Che smorza?

Ottavio. Sì. Va via.

Brighella. (Manco mal, finirò la bozza1). (da sè, parte)

Beatrice. Via, parlate. Va via. (ad Arlecchino)

Arlecchino. No la vol?...

Beatrice. Va via, asinaccio.

Arlecchino. (Oh che maniera soave!) (da sè, parte)

Ottavio. Sapete perchè son rabbioso? Perchè vi amo.

Beatrice. Vostro danno: non dovevate sposare colei.

Ottavio. L’ho sposata, e non vi è più rimedio.

Beatrice. Sapete pure quel che vi ho detto prima che la sposaste.

Ottavio. Ero cieco.

Beatrice. Chi vi aveva accecato?

Ottavio. Non so. Un fanatico amore.

Beatrice. Vostro danno, torno a dirvi, godetevela.

Ottavio. Ah marchesa, pietà.

Beatrice. Che pietà? Che cosa volete da me? (alterala)

Ottavio. Via, via, non mi mangiate.

  1. Boccia, bottiglia.